Fare comunicazione significa, molto banalmente, parlare a qualcuno. Trasmettere un messaggio a qualcuno. Quindi comunicare è una cosa piuttosto semplice, naturale, ma per comunicare bene se si è un brand bisogna fare una cosa prima di tutto: capire con chi stai parlando.
Se vogliamo interagire con il nostro pubblico è necessario conoscere chi sono le persone che fanno parte della nostra audience.
Certo, non una per una! Però avere un’idea di chi sia la persona tipo a cui ci stiamo rivolgendo aiuterà noi a comunicare meglio (non ad una platea di persone indistinte, ma ad un individuo ben specifico) e la nostra audience ad entrare più facilmente in sintonia con noi.
Non ci rivolgiamo a tutti
Tecnicamente sì, il web ci offre l’opportunità di rivolgerci a tutti, però no: quando facciamo comunicazione non vogliamo parlare a tutti.
Vogliamo attrarre le persone giuste.
Persone che hanno interesse per il tema di cui parliamo, persone che cercano qualcuno che ne sappia più di loro su quel tema e che possa aiutarli, persone che hanno un problema che noi possiamo risolvere.
Come identificare le persone giuste
Capire con chi parliamo con la nostra comunicazione è fondamentale e ci sono diversi modi per farlo.
- Identikit del cliente ideale, quello che possiamo aiutare e i bisogni che soddisfiamo.
- Interviste ai nostri clienti attuali, delineano quello che è il profilo di coloro che già aiutiamo.
- Le personas, archetipi che raccolgono da un lato l’identikit del nostro cliente ideale ma viene costruito anche sulla base di quelli che sono già nostri clienti e ne delinea tratti, caratteristiche e interessi.
- Mappa dell’empatia, che ci costringe a metterci nei panni del nostro cliente tipo per capire cosa vede, cosa sente, cosa pensa e cosa fa e dice.
Identikit del cliente ideale
Nel delineare il nostro cliente ideale passiamo dalla massa di persone che è il pubblico al delineare una persona tipo specifica che potrebbe rappresentare al meglio quel segmento di pubblico.
Nel definirla partiamo da quali sono i problemi che risolviamo con il nostro lavoro, a come li risolviamo e dalla personalità che diamo al nostro brand e si va così a definire una vera e propria descrizione demografica del cliente ideale.
Età, sesso, status, luogo in cui vive, lavoro, interessi, hobby, abitudini e così via.
Un identikit, una scheda che raccoglie i dati di una probabile persona singola che viene definita partendo dal problema che risolviamo
Le interviste al cliente attuale
Che siano interviste in senso classico, un’analisi del loro profilo in base alle nostre conoscenze o che siano una serie di informazioni raccolte nel tempo sono le informazioni riguardo a coloro che ci hanno già scelto ciò che ci interessa.
Chi meglio di chi ci ha già dato la sua fiducia scegliendoci può rappresentare meglio il pubblico con cui vogliamo parlare?
Anche in questo caso si andrà a definire una sorta di identikit, che risulterà però maggiormente approfondito e dettagliato perché basato su fatti e dati reali, relativi a persone vere.
Le personas
Una delle metodologie più usate è proprio quella delle personas, o buyer personas.
Si tratta di una rappresentazione del nostro interlocutore tipo che assimila i dati raccolti per l’identikit del cliente ideale e i dati per delineare il cliente tipo partendo da dati reali, di persone che ci hanno già scelto. Unisce i due metodi per offrire un’idea più chiara di chi sia la persona tipo, o modello archetipo, che vogliamo raggiungere con la nostra comunicazione. Questo ci permette di avere il modello il più reale possibile del pubblico con cui vogliamo interagire.
La mappa dell’empatia
Ideata da Xplane, la mappa dell’empatia è un modello che mira a semplificare l’identificazione dei bisogni del nostro target.
In breve si tratta di uno schema che ci chiede lo sforzo di immedesimarci nei panni del cliente tipo tra il nostro pubblico, quello che vogliamo attrarre, e di vedere, pensare, sentire, dire e fare ciò che farebbe lui. Questo per comprendere maggiormente il suo profilo e delineare oltre alle variabili demografiche, sociologiche o geografiche anche dubbi, resistenze e obiettivi che vuole raggiungere.
Forse richiede uno sforzo di immaginazione, ma il metodo della mappa dell’empatia ci permette di avvicinarci dall’interno al nostro cliente ideale con un approccio più umano ed empatico.
E se ho più di un cliente ideale?
Capita piuttosto spesso che si debba parlare a due o più profili (o segmenti) di pubblico.
Ad esempio pubblici di età diverse o con abitudini diverse; quando un segmento è pratico di come funziona il web e un altro no.
Quando si lavora sulla definizione del proprio target, come dicevo in precedenza, si fanno delle scelte perché non si può parlare con tutti. Parlare con tutti infatti equivale a non parlare con nessuno veramente. Ragion per cui l’ideale sarebbe identificare un segmento di pubblico principale a cui rivolgersi ed eventualmente aggiungerne un secondo nel momento in cui ci si trova di fronte ad una netta distinzione tra un pubblico ed un altro.
Il lavoro sulla definizione del proprio pubblico di riferimento è un investimento
Molte attività non lo fanno. Molti brand hanno solo un’idea sommaria di chi sia il loro pubblico di riferimento, di chi sia il loro cliente ideale, di chi vogliono aiutare. E a volte non sono nemmeno disposti a perdere troppo tempo per andare a delinearlo nel dettaglio.
Spesso saltare questo processo fa la differenza tra una comunicazione efficace ed un’altra.
Per questo lavorare sul proprio pubblico di riferimento è un’attività basilare, che si compie prima di tutto in fase di branding (o rebranding) e viene ripreso poi quando si lavora per delineare una strategia di marketing e comunicazione.
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